FRANCESCO GIUSEPPE, IL “PRIMO FUNZIONARIO DELL’IMPERO”

Un ritratto dell'imperatore Francesco Giuseppe.
Un ritratto dell’imperatore Francesco Giuseppe.

Se fossi oggi a Vienna, andrei senza dubbio nella Cripta dei Cappuccini per deporre un fiore ai piedi della tomba di Francesco Giuseppe d’Asburgo-Lorena, morto esattamente cento anni fa: un grande imperatore, che solo la retorica di un’ideologia nazionalista, di cui sono purtroppo rimasti intrisi per decenni i manuali di storia, è riuscita a dipingere agli occhi degli italiani come un sanguinario oppressore.

Fu invece un sovrano con un forte senso dello Stato e del dovere verso i suoi sudditi, lavoratore infaticabile fino all’ultimo istante di una vita condotta in modo sobrio e spartano, lontano da vizi e piaceri: l’unico suo svago era la caccia. La divisa militare da lui sempre indossata ben esprimeva la sua fedeltà al ruolo di “primo funzionario dell’Impero”, come si definiva egli stesso, che non fu mai animato da un desiderio di affermazione personale, ma solo da un autentico spirito di servizio nei confronti del suo popolo, sentendo sempre il peso di una responsabilità che gli era piombata sulle spalle come un fardello quand’era appena diciottenne, in seguito all’abdicazione dello zio Ferdinando I e alla rinuncia alla corona da parte del padre Francesco Carlo. Con i suoi 68 anni di regno, dal 1848 al 1916, è diventato così il sovrano europeo rimasto più a lungo sul trono: è vero che Luigi XIV di Francia regnò formalmente per 72 anni, dal 1643 al 1715, ma quelli del suo effettivo governo furono 54, a partire dalla morte del cardinale Mazzarino. Spero di non fare torto al buon Kaiser con questo accostamento alla figura del Re Sole, le cui ambizioni di gloria erano lontanissime da una personalità come quella di Franz Joseph: tant’è vero che l’Impero austro-ungarico fu l’unico a non lasciarsi coinvolgere nella “sbornia” colonialista che mosse le potenze europee nei decenni dell’imperialismo.

Fedele senza cedimenti al suo dovere, che mise sempre davanti alla sua stessa vita e ai propri affetti, Francesco Giuseppe fece di tutto per impedire il declino dell’impero, che riformò con l’istituzione della doppia monarchia dell’Austria-Ungheria, compromesso in grado di andare incontro alle rivendicazioni autonomistiche dei magiari, mentre non riuscì a evitare, a causa delle guerre d’Indipendenza italiane, la perdita di territori significativi come quello del Lombardo-Veneto.

Con grande forza d’animo affrontò le sciagure che si abbatterono, una dopo l’altra, sulla sua famiglia: la fucilazione del fratello Massimiliano, imperatore del Messico giustiziato dai repubblicani, il suicidio dell’unico figlio maschio, Rodolfo, l’assassinio della moglie Sissi. «Non mi è stato risparmiato proprio nulla su questa terra» esclamò, a ragione, il monarca asburgico quando gli fu comunicata la tragica fine della consorte.

Pare invece che abbia visto quasi come espressione di un volere provvidenziale l’uccisione, il 28 giugno 1914 a Sarajevo, dell’erede al trono Francesco Ferdinando e della moglie Sofia: non era un mistero che i rapporti con il nipote non fossero dei migliori, sia per via di un matrimonio, non gradito all’imperatore, con una donna non di sangue reale sia, soprattutto, per questioni politiche legate alla volontà dell’arciduca di assecondare gli slavi con una riforma analoga a quella concessa agli ungheresi. Rimane il fatto che i due colpi di pistola esplosi da Gavrilo Princip avrebbero fatto precipitare l’Europa nel baratro di un conflitto dalle dimensioni mai viste, che avrebbe portato al definitivo tracollo del dominio degli Asburgo, dinastia il cui nome si era identificato con quello dell’Austria per oltre sei secoli, dal lontano 1278.

L’imperatore, per la verità, aveva accettato malvolentieri di dichiarare guerra alla Serbia, sotto la pressione dei vertici militari: durante il suo lungo regno, del resto, Francesco Giuseppe mai aveva iniziato uno solo dei conflitti nei quali era stato coinvolto. La Provvidenza gli risparmiò almeno la pena di assistere alla disgregazione dell’Impero, per il quale si era davvero speso senza riserve: una fine di cui fu spettatore, due anni dopo la morte dell’anziano sovrano, il suo successore, il beato Carlo I d’Austria, uomo di pace costretto a prendere la via dell’esilio.

Tramontava così la stella degli Asburgo: il vecchio mondo era finito, ma quello sorto dalle ceneri della guerra non era certo migliore del precedente. L’Europa aveva davanti a sé decenni di buio.